• Silvio, vieni qui!

Era il tono con cui non si discuteva. Silvio si ricompose in fretta; doveva aver sbagliato qualcosa, per un urlaccio così, e sul piazzale della chiesa.

Si avvicinò comunque tranquillo. Già sapeva che lei non gli riusciva a dare “lo sguardo normativo del padre” la cui mancanza, con malcelato orgoglio, l’analista di Silvio avrebbe denunciato una quarantina di anni dopo. Sua madre e lui lo sapevano da allora, ed era così, né bene né male.

Lei si accosciò davanti a Silvio per guardarlo in faccia, le mani sulle spalle, scuotendolo; poi sistemò camicia, cravattina dorata con l’elastico, e fazzoletto bianco nel taschino della giacca.

«Vergognati: guarda come ti sei ridotto! Giocare a pallone col vestito della comunione!»

Mentre completava l’ispezione verso il basso, un no, stretto tra i denti.

Le scarpe bianche di Silvio. Gli strappò dal piede la sinistra, autrice di un tiro risolutivo solo pochi minuti prima e che si distingueva, adesso, per una macchia di catrame sulla punta.

Catrame che il parroco aveva ben pensato di far mettere sul piazzale per il giorno della prima comunione.