Il romanzo ruota attorno alla figura di Silvio, un uomo che pare avere tutto quel che si può desiderare. Maestro di equilibrismo, lo vediamo riuscire, sia in ambito lavorativo che in quello affettivo, a conciliare l’inconciliabile: il profitto con il rifiuto della finanza e della delocalizzazione, l’amore per Sofia − il suo porto sicuro, il suo metro di paragone, la sua vera compagna di vita – con il gioco della seduzione, il piacere dell’avventura e dell’occasionalità. Tanto successo lo fa sentire quasi immortale, e lo rende incapace di vedere quanto sia vulnerabile questo stato di grazia, quanto sia esposto ai tiri mancini della vita e, ancor più, alla sua natura di uomo defettibile.
Oggi imprenditore cinquantenne (siamo all’inizio del nuovo millennio), Silvio è stato dirigente di una grande multinazionale, e ha vissuto con intensità la rivolta giovanile degli anni 70; ad entrambi gli schemi valoriali, anni 70 e grande azienda, si sente a suo modo legato.
Ma accetta il cambiamento di quegli anni, la cosiddetta fine delle ideologie, l’abbandono di ogni visione strategica e sceglie di partecipare ai nuovi tempi, conduce la sua startup, in costante conflitto con un mondo lavorativo (rappresentato dai suoi due soci) diverso da quello in cui lui è cresciuto professionalmente e in cui crede.
Silvio vive in questo contrasto, gestisce con capacità e successo l’azienda, godendo del rilevante benessere economico che ne riesce a derivare e utilizzando come bene rifugio per gli ideali “feriti”, la bellezza delle tante donne (storie brevi, brevissime) a contorno della sua Lei, Sofia.
Ama accudire le persone, in azienda ha un approccio paternalistico, protettivo, vuole un clima sereno; si prende cura sincera e a volte amorosa delle numerose donne che lo circondano. Ha forte bisogno di sentirsi a sua volta accudito e amato, quasi con dedizione.
Sofia, incerta se impegnarsi definitivamente con Silvio, ha scelto un lavoro che la porta a lunghe permanenze all’estero. Lei, più giovane di Silvio, è insieme più leggera e più rigida, è legata a lui, ma vuole il suo ordine. Silvio la definisce viziata e capricciosa, comunque per lui, in un dopo non definito, lei è la donna con cui stare; le altre sono altro, appagamento delle sue ansie spesso libertarie e a volte libertine, del suo bisogno di affetto e bellezza.
La lontananza di Sofia non è gradita a Silvio, soprattutto quando tra le amanti occasionali di colpo emerge Alina. Lei vive in una piccola città borghese del nord Italia; quantomeno spregiudicata, è espressione delle tristezze e della corruzione della piccola politica e della provincia.
Ferite personali profonde ed indole portano Alina a rompere, con facilità e intelligenza, il sistema di vita e relazioni disegnato con cura e semplicità da Silvio, agendo sul perno su cui ruota il suo mondo, ovvero Sofia.
La relazione con Sofia così si complica, e per l’innamoramento di Silvio per Alina e per rapporti erotici affollati, situazioni che lui non riesce a gestire. Allo stesso tempo Alina lo coinvolge in attività imprenditoriali figlie della superficialità e dell’approssimazione della provincia e di quegli anni, un coacervo informe a cui lui cerca di dare senso, ma senza risultato.
Silvio, sotto attacco dei soci e quasi assente dalla conduzione dell’azienda, della quale sta perdendo progressivamente il controllo, si concentra sempre più sull’attività professionale con Alina, causando così ulteriore tensione con Sofia.
Non si rende conto che amare significa in primo luogo essere presente, essere. Il suo è solo un delirio compulsivo, completamente immerso in un facile narcisismo, suo e degli altri personaggi. Nonostante le ripetute disfatte, emerge immarcescibile il suo istinto a non essere, alla fuga da sé stesso e dalla responsabilità.
Il prevedibile risultato è che in pochissimi mesi perde tutto, affetti e denaro, finisce in Pretura, subisce umiliazioni ed aggressioni e, dopo un incidente, si rifugia a Lusta, un’isola del profondo sud.
Silvio, come in esilio, a Lusta pare un uomo ritrovato che, dopo aver visto capovolgersi la propria sorte, incontra prima la consapevolezza, poi relazioni autentiche e senso. Gli occhi di Silvio, che in questa parte del romanzo si narra in prima persona, penetrano rispettosamente l’isola e la sua coscienza, esattamente il contrario della leggerezza precedente, dell’osservazione superficiale dei luoghi e delle persone di quell’ultimo anno. A Lusta, che aveva pensata come breve sosta per riorganizzarsi e ricominciare, si trova a percorrere una sorta di catarsi, semplice e inattesa, che nei mesi si concretizza in Angela, insegnante elementare e sua compagna di amicali passeggiate serali e in un lavoro poco più che impiegatizio, che gli lascia abbastanza per le sigarette, il vino aspro e l’affitto, ma a Lusta non serve di più.
C’è ancora l’immagine incombente di Alina e Sofia, indelebili, ma forse un modo diverso è possibile.
È Angela, che quasi nulla sa del suo passato, a dargli modi diversi di guardare il mondo, ad allontanarlo dai ricordi, anche se non dall’incubo, l’immagine protettiva, amata e amorosa di sua madre morta, origine dell’ossessiva ricerca di amore e accettazione di Silvio.
Non stupisce allora che sia ancora la voce di una donna a riportarlo di fronte ai brandelli del suo passato e che, come se l’intervallo fosse finito…